Prodotto interno lordo: di cosa si tratta, come si calcola ed a cosa serve

Il Prodotto Interno Lordo, più comunemente chiamato PIL, è il valore dei prodotti e servizi realizzati all’interno di uno Stato in un determinato periodo di tempo.

Questo valore è quello che risulta da un processo di scambio ovvero, in parole povere, dalla vendita di prodotti e servizi: questo esclude dal computo i prodotti/servizi realizzati da un soggetto per autoconsumo e i servizi resi a titolo gratuito. Nel calcolo non conta la nazionalità del produttore ma bensì la realtà geografica in cui il prodotto/servizio viene realizzato: una lavatrice prodotta in Italia da una società australiana entra nel PIL dell’Italia, mentre un corso di cucina (quindi un servizio) tenuto in Australia da una società italiana viene computato nel PIL dell’Australia.

Come si calcola il Prodotto Interno Lordo

Esistono tre metodologie per calcolare il valore del Prodotto Interno Lordo a seconda del punto di vista dal quale si esamina questa grandezza. Abbiamo visto che il valore del PIL è determinato da un processo di scambio, ovvero: in uno scambio c’è un soggetto che acquista (e quindi spende) e uno che vende. Il primo metodo, chiamato “Metodo della Spesa”, esamina il PIL dal lato della domanda, ovvero dal punto di vista di chi acquista e paga un prezzo per il prodotto/servizio: è quindi abbastanza intuitivo comprendere che il PIL è composto dai consumi (spesa delle famiglie in beni durevoli, beni di consumo e servizi), dagli investimenti (spesa delle imprese e delle famiglie in beni strumentali e immobili), dalla spesa pubblica (spesa dello Stato e amministrazioni pubbliche) e dalle esportazioni nette (differenza fra esportazioni ed importazioni).

Se invece si esamina il PIL dal lato di chi vende il prodotto/servizio (ovvero dell’offerta), ci rendiamo conto che per arrivare al punto conclusivo del processo produttivo (la vendita) sono state realizzate una serie di operazioni come l’acquisto di beni intermedi (materie prime, semilavorati) e fattori produttivi (lavoro e beni strumentali) che permettono a ogni passaggio di aggiungere valore: sommando tutti i valori aggiunti del passaggio produttivo si arriva allo stesso valore del PIL ottenuto con il metodo precedente. Questo metodo non casualmente si chiama “Metodo del Valore Aggiunto”.

Il terzo e ultimo metodo per calcolare il PIL esamina il problema da un altro punto di vista, ovvero quello dei fattori di produzione impiegati per arrivare al bene finale. I fattori di produzione sono essenzialmente il lavoro e il capitale finanziario impiegato: questi fattori vanno remunerati con stipendi e profitti. A questi si sommano anche le tasse sulla produzione e l’IVA (una sorta di remunerazione per lo Stato a fronte dei servizi che garantisce), al netto dei contributi alla produzione. In anni recenti si è deciso di stimare e aggiungere al computo anche il contributo dell’economia sommersa e dei redditi che essa genera. Quello appena descritto viene chiamato “Metodo dei Redditi”.

A cosa serve il PIL?

Il Prodotto Interno Lordo è il principale indicatore di salute di un sistema economico, dato che rappresenta la capacità del sistema stesso di produrre e vendere beni. E’ sull’analisi dell’andamento passato e presente del PIL e sulle stime delle sue evoluzioni future che si concentrano le attenzioni di analisti ed economisti, e non solo: il PIL è infatti la variabile più importante nelle decisioni di politica economica. Tassi di crescita consistenti e costanti garantiscono infatti elevati livelli di benessere e entrate fiscali capaci di sostenere i bilanci pubblici. Inoltre i rapporti e le interazioni tra PIL, deficit e debito pubblico sono i parametri fondamentali che i Paesi membri dell’eurozona si sono impegnati a rispettare al fine di garantire la convergenza dei conti pubblici e rendere solida l’unione economica e monetaria

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